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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

mercoledì 23 luglio 2014

Bookmobile?

E' ufficiale, purtroppo: niente più spazio in libreria. Complici e galeotti una pila di libri verdolini  scorti qualche settimana fa nuovi nuovi e a metà prezzo in un negozietto dimesso quasi sotto casa. Quei libri lì erano l'oggetto proibito all'università, dato il prezzo irraggiungibile per uno studente pure danaroso, la modernità dei commenti e la bellezza, pure, degli oggetti. Come resistere oggi? Pur se i commenti sono in parte superati, ovvio, benché si tratti di testi così rari che rimaranno in buona parte validi.
Perché qui si è della scuola per note e analisi, assolutamente, e del massimo di informazioni a contestualizzare, accompagnare e prolungare la lettura. Nessuno obbliga a leggerle, se ci sono, ma tutto impedisce di farlo, se non ci sono. Ovviamente devono esser commenti fatti rimandando alle fonti, facendone una rassegna, utilizzandone di valide, cioè dando i mezzi per costruire se si vuole la propria interpretazione, assorbendo, superando e eventualmente constestando quelle precedenti, e questi lo sono. Non ho mai visto un libro più inutile della Storia di Genji nei Millenni Einaudi.

Per ora purtroppo i miei nuovi acquisti giacciono in desolata pila sul buffet. Non mi si dica "Perché non vai all'Ikea?" - la mia religione me lo proibisce: è un luogo che trovo tristissimo e i cui mobili sono tanto più squallidi quanto più vengono sistemati in case piccole come questa, dove i pochi pezzi che possono entrarci dovrebbero essere curati e rifiniti al massimo. Comunque non si adatterebbero a questo spazio. Mancano fin le pareti: e finché qualche designer non ideerà i bookmobile da appendere al soffitto,  vedo poche soluzioni.

Non che poi io sia una patita, per me, delle case strabordanti di libri, forse perché ce li ho attorno tutto il giorno, forse perché non ho mai avuto la vertigine del possesso, preferendo l'uso. La cosa più bella per me è trovare i libri in biblioteca, pensare che quando io non ne ho più bisogno possano servire ad altri, sapere che se mi serviranno di nuovo potrò sempre andare a riprenderli, anziché lasciarli prendere polvere sotto il mio tetto per i 9/10 della loro esistenza, inutilizzati. Mi sono resa conto sempre più della praticità di questo sistema all'estero, ovviamente. Quanto più si sale di latitudine: dove esistono gran collezionisti, certo, come moltissimi lettori che in casa non tengono se non i libri del cuore, o i più essenziali: perché il resto si trova in biblioteca; e le biblioteche sono tante, ben fornite, sempre aperte, accoglienti, li danno in prestito e offrono luoghi confortevoli dove leggere. L'ansia del possesso viene dove, come da noi, c'è scarsità di servizi e incertezza sulla loro erogazione.

sabato 19 luglio 2014

Termidoro

Nella vita, voglio fare la nipote. Non importa di chi. Il mondo è grande: destra, sinistra, sud, nord.
Che vuoi che sia. Che vuoi che importi.


lunedì 14 luglio 2014

La Costituzione no.

La Costituzione NO. Ognuno deve sapere quali sono i limiti oltre i quali la stanchezza, l'indifferenza, il disincanto, i fatti propri, "er pupo e 'aaa famija" la voglia di non sapere, il desiderio di pensare a qualcosa di bello e gratificante, il "ccc'ho dda ffà" così di moda alle mie (ahimé) attuali latitudini diventano nient'altro che complicità. Per quanto piccoli, per quanto impotenti, per quanto soli, per quanto insignificanti ci si senta, si ha il dovere di dire di no.
Indignez-vous si direbbe oltralpe. 
Per questo domani la vostra blogger, che non ha mai militato in un partito, associazione, movimento politico, perché bastian contrario e indisciplinata fin nei cromosomi, domani molla tutto, paga pegno e se ne va a manifestare a piazza delle Cinque Lune - perché lì ci saranno altre persone come lei avverse a questa riforma, e nient'altro.
Se vogliamo poi dal merito passar al metodo, perché le secca un tantino, ad esempio, che un ministro affermi, a quanto pare, che la riforma non incontra opposizione tra i cittadini italiani. Signor ministro, per cortesia, la prossima volta, prima di infilarsi in un tunnel da Ginevra al Gran Sasso, usi un pallottoliere.

Ma non parliamo degli attori casarecci di questo pasticcio, parliamo dello scenario internazionale. Parliamo di principi. Anche solo di quelli. Da dove viene questa urgente necessità di riformare il Senato e la rappresentanza politica della nazione? Giusto un anno fa veniva pubblicato da una banca d'affari, J.P. Morgan Stanley, un rapporto in cui si affermava che nei paesi della periferia europea dell'area euro (tra i quali, per chi non lo sapesse, è compresa l'Italia) le riforme, quelle iniziate dal governo Monti, erano solo a metà strada. Che tali riforme, le stesse applicate grosso modo anche alla Grecia, alla Spagna, al Portogallo ecc. trovavano ostacoli nelle "costituzioni antifasciste" uscite dalla seconda guerra mondiale. Cosa facevano mai queste Costituzioni "antifasciste"? Dobbiamo arguire che Morgan-Stanley o chiunque altro, rimpianga un regime dittatoriale spietato, o anche solo un partito vietato dalla nostra Costituzione? Evidentemente no, siamo uomini d'onore, giusto? Tali Costituzioni, spiega l'analista della banca, mettono dei limiti alle "riforme". Per esempio, alle privatizzazioni o ai tagli del welfare, o tutelando il diritto del lavoro. Poiché queste Costituzioni sono caratterizzate da:  

“Esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”. 
Testo integrale qui.

Ecco che le riforme di cui gli Italiani avrebbero così bisogno prendono tutt'altro aspetto. Cosa sono gli sbarramenti elettorali dell'8% per i nuovi partiti se non la maniera di impedire alla protesta di avere una rappresentanza parlamentare? Cosa la necessità di raccogliere 800 mila firme per indire un referendum, anziché 500mila, se non blindare le nuove leggi governative - e non parlamentari, ricordiamo che in una repubblica democratica e parlamentare il potere legislativo non è del governo, ma del Parlamento? Cosa un Senato nominato e non elettivo, se non evitare la possibilità di mediazioni con altre forze presenti in Parlamento? e cosa se non proteggere un meccanismo clientelare il garantire così l'immunità agli amministratori locali? E cosa è la possibilità di avere il 51% dei seggi con il 37% dei voti, se non la garanzia per il governo di poter smantellare, nell'assoluta impunità, quei diritti costituzionali che piacciono così poco alla banca made in USA, come quelli del lavoro, sbarazzandosi della necessità della maggioranza qualificata oggi richiesta per le modifiche costituzionali? e cosa se non limitare i cittadini a esprimere una maggioranza onnipotente, senza che la minoranza sia più rappresentata, se non ridurre ai minimi termini formali l'essenza della democrazia? 
(Sapete che le elezioni si tennero anche sotto il fascismo? le elezioni in sé non garantiscono affatto un regime democratico. Sapete che nella RDT, la ex Germania dell'est, quella della STASI e del magnifico film Le vite degli altri, c'erano sei partiti diversi? I partiti in sé non garantiscono un regime democratico... né l'impossibilità di governare.)

Ora, io vorrei evitare di vivere in un paese in cui le leggi le fanno le grandi banche private straniere (o no), perché ho come il vago sospetto che i loro interessi non siano quelli della maggioranza dei cittadini. E perché un'azienda privata non si deve permettere di dettare legge a una comunità, quale che sia. 
Tra l'altro queste grandi banche e i loro trombettieri non si rendono conto nemmeno di star dando ragione a un vecchio ebreo tedesco, il quale prevedeva esattamente una concentrazione sempre più sfrenata e insostenibile delle risorse nelle mani di pochi, esautorando gli stati nazionali, fino, secondo lui, a portare alla rivoluzione. Ma non l'avevamo superato, costui? Eh? Tutta quella violenza bvutta bvutta bvutta... eh? dato che ci fa ovvove persino la "licenza di protestare"...

Questo governo che finge di andare a far la voce grossa a Bruxelles, mentre non ne è che il volenteroso carnefice, sta semplicemente applicando qui da noi le richieste e gli auspici che una banca d'affari statunitense (e verosimilmente non da sola) pretende da un paese "del sud dell'Europa". Perché la miseria che ci hanno regalato ancora non gli basta. Perché non hanno limiti, se non quelli che noi sapremo imporgli, sassetto dopo sassetto (a far da muro, ci fosse mai qualche demente in giro che pensa che qui si decantino usi impropri della ghiaia, ché i dementi son la semenza più fertile e ubiqua dell'universo), granello dopo granello, rifiuto dopo rifiuto.

Sono francamente stufa da un pezzo, anzi, da sempre, dei dibbbbattiti su sistema riformabile o non riformabile: so che la Costituzione garantiva fino ad oggi alcuni diritti preziosi per la dignità e la libertà di tutti; so chi questi diritti fondamentali ha smantellato e per obbedire a quali interessi; il limite è oltrepassato. Bisogna, ovunque, saper dire di no.   

venerdì 11 luglio 2014

C'era una volta la Costituzione.

Non voglio più essere cittadina di questo paese.
Non voglio più essere in queste mani.
Non voglio diventare serva e suddita.
Questo paese non ha più nulla. S'è fatto rubare persino la speranza e ci ha messo la firma (anzi, la croce, come s'addice agli analfabeti che siamo).
Mai più.

P.S.: avrei voluto postare il testo della Costituzione finché è ancora quello. Ma non sono capace di farlo. L'ho salvato, ma non so come postare un .pdf sul blog.


sabato 5 luglio 2014

Ladri di piante

Era sempre stata qui. Era qui prima di me. Nella sua grossa casa color mattone. Non saprei dire il suo nome, ma faceva compagnia. Incorporata con la casa, perché i precedenti proprietari me l'avevano lasciata insieme alla casa, appunto. Era sul pianerottolo e approfittava del sole che entra dalle finestre, mentre nella mia casa, purtroppo, il sole diretto non c'è mai (sarebbe costato 20.000 euro in più averlo, ma non li avevamo).
Ci ero affezionata come lo si è a qualcosa che è vivo.
Era sopravvissuta ai miei viaggi e alle assenze, alle infinite ristrutturazioni vissute dal palazzo, alle estati ardenti in cui si abbeverava con una bottiglia prima di partire per i monti.
Questa sera al rientro da una passeggiata non ho più visto le sue piccole foglioline di un verde tenero darmi il benvenuto. Un grande vuoto in quell'angolo di pianerottolo.
Abito all'ultimo piano. Dei nuovi vicini, venuti da fuori. Piuttosto invadenti. Quando suono alla porta quasi non mi rispondono.
Faccio il giro dei cassonetti del quartiere. Non la vedo, del resto è piuttosto grande, non ci entrerebbe. E poi sono stracolmi, è sabato: non hanno raccolto la spazzatura.
Penso che si stia disseccando gettata chissà dove e anche se è solo una pianta, mi sento triste, come davanti a ogni vandalismo su chi non può difendersi.
Che qualcuno si dissecchi con lei (il cervello, di sicuro, gli si è già disseccato da tempo.)
Non è una bella giornata.

giovedì 3 luglio 2014

Finito

Spedito. Adesso vado a giocare alle bambole.
Ma prima grazie a chi mi ha incoraggiato, anche se solo con un commento sul blog, anche se non ho risposto a tutti e a ogni osservazione.
Sono cose che fanno bene e danno forza.
Buonanotte.