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Toulouse en érasmienne

domenica 27 marzo 2016

Normandie

Tout a brulé en 1944. Qui s'è vissuta un'invasione sotto un'occupazione e ci se ne ricorda, mentre
da noi si invoca l'oblio interno ed esterno di ciò che abbiamo provocato a noi stessi e poi nel vasto mondo (primo secondo e terzo, per la precisione). Territori interi hanno perduto finanche la memoria della loro storia e del loro patrimonio culturale. "Si immagina cosa vuol dire per una regione intera? Già gli Chouans  avevano fatto non pochi disastri" spiega con l'anima accorata l'archivista oggi volontario in una diocesi, prima funzionario pubblico. Nella Basse Normandie, la zona di Caen, Bayeux, Honfleur e Cherbourg, che si inoltra fin giù al golfo di Montjoye, vale a dire del Mont Saint Michel promessa di salvezza eterna, sono periti per sempre anche archivi e biblioteche. Qualche épave si salva nascosta letteralmente nei sotterranei dei castelli o delle abbazie. Altri documenti scampano ai bombardamenti ma non alla pioggia, all'onnipresente vento normanno, al freddo. I soldati acquartierati dove si può utilizzano le buste degli archivi per farne giacigli di fortuna che li isolino dal freddo del pavimento. Le carte rimangono disposte alla ventura. Gli archivi del département de la Manche a St.-Lô sono distrutti  al punto che i funzionari salgono a Parigi per ricostruire pazientemente dai documenti, spesso copie, rimasti negli Archives nationales, la guida alle carte superstiti della loro storia che fu. L'università di Caen è rasa al suolo, la sua biblioteca con lei. Rinasce  negli anni Cinquanta, sulla collina dietro al castello di Guillaume le conquérant. Oggi le Phénix, una scultura posta all'ingresso del campus, ne è il simbolo. I libri antichi e rari della biblioteca municipale si salvano, il resto brucia. Bruciano soprattutto i libri  su Caen e sulla sua regione: ancora una storia che svanisce e che non sarà possibile ricostruire perché anche i cataloghi sono bruciati. Città, monumenti, villaggi sono distrutti. Gli abitanti restano sotto le bombe. Le truppe alleate avanzano all'interno, bombardano, respingono i nazisti verso la Germania. È lo sbarco in Normandia, non solo la nebbia delle splendide foto in bianco e nero.

Il trauma dev'essere stato enorme in questa regione non povera ma tutto sommato isolata, tradizionale, agricola, aggrappata alle sue cattedrali esplose nella luce nordica, intervallata dalle paludi e dalle mosse pianure, bordata di dune, ben diversa dai porti dell'altra Normandia, d'un tratto investita da una potenza bellica senza paragoni. Risuona come vissuto ieri nelle parole di chi, con la calma assoluta dei Francesi, ti spiega che no, quei documenti non ci sono più, che no, quei registri non esistono più, che no, quei libri non li troverai mai, che quella ricerca non si può fare perché, appunto tout a brulé etc. Alle volte c'è persino un filo di sospetto che si mettano sul conto dei bombardamenti altre incurie. Ma lo stato dei luoghi riportato dopo la guerra è terrificante. Gli uomini distruggono in maniera più definitiva della natura stessa.
Piano piano, sottovoce, si riesce a penetrare il trauma collettivo, a cattivarsi la fiducia di questa gente generosa e gentile come raramente se ne incontrano, persino nei luoghi più turistici. Pian piano si scopre che no, tutto non è bruciato e qualche scheggia si può ricostruire, addirittura scoprire, persino a loro ignota.

Psss. E se gli impressionisti, dopotutto, avessero cominciato guardando fuori dal finestrino di un treno?


















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